Novak Djokovic, il re è nudo

Novak Djokovic, il re è nudo

Alla fine, come per il caso della Superlega, ha deciso la politica per tutti. Difficile dire che il Primo Ministro Scott Morrison non abbia fatto ciò che chiunque si aspettava da un esecutivo che tenesse al concetto di uguaglianza di fronte alle regole. L’Australia, che delle linee guida previste per chi vuole entrare nei loro confini ha quasi fatto una sorta di religione burocratica, non farà un’eccezione per Novak Djokovic. Chi conosce Morrison sa che non è tipo da giochetti. Certo, è uno dei Primi Ministri più discussi che l’Australia abbia mai avuto, soprattutto per il suo totale disinteresse alle problematiche ambientali, a favore del neoliberismo. Ma è anche determinato e da sempre coerente nelle misure contro la pandemia.

Ben il 91% degli australiani si è vaccinato, eppure nelle ultime ore si contano 50mila contagiati e il sistema sanitario nazionale è al collasso. Davvero Djokovic e Craig Tiley (il Direttore degli Australian Open) pensavano che si sarebbe fatta un’eccezione non per un no vax come gli altri, ma per il simbolo stesso planetario dei no vax com’è sempre stato il tennista serbo? La risposta è arrivata con il divieto di entrare in Australia presentatogli all’aeroporto di Melbourne poche ore fa.

Evidentemente Novak (da tempo definito Novax Djokovic dai suoi detrattori) ed il suo entourage pensavano di poterla passare liscia. Ora si ritrovano invece con Tiley in una scomodissima posizione, tra incudine e martello per essere più precisi, e che ha fatto la sola cosa possibile: li ha scaricati. “Novak non ha ricevuto trattamenti speciali” ha voluto precisare un affannatissimo Tiley in conferenza stampa oggi. “Sarebbe certamente utile se Novak spiegasse le condizioni in base alle quali ha chiesto e ottenuto un’esenzione” ha proseguito Tiley “lo incoraggio a parlarne con la comunità. Abbiamo attraversato un periodo molto difficile negli ultimi due anni e apprezzerei alcune risposte in merito”.

Una sorta di salto mortale, a cui ha voluto aggiungere anche la rassicurazione che il serbo non avesse mai avuto in tutto questo pazzo iter, alcun tipo di favoritismo. Ma è una difesa assolutamente insostenibile, tanto più sbugiardata dal malcontento che da molto tempo serpeggia verso Djokovic, finito al centro di moltissime polemiche non solo per la sua posizione riguardo ai vaccini, al Covid 19, ma anche per il disprezzo verso le regole che tutti i suoi colleghi sono tenuti ad osservare.

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Lapidario e condivisibile il commento di Jamie Murray, fratello minore di Andy: “Se non fossi stato io vaccinato, a me non avrebbero concesso nessuna esenzione”. Provate a dargli torto, a dire che non è stato palese il tentativo da parte della Federazione Australiana, di cui Tiley è Presidente, di evitare di perdere il pezzo pregiato, il nome per il quale tutti vogliono seguire il torneo di questo gennaio a Melbourne.

Pure un ex fuoriclasse come Nicola Pietrangeli, non le ha mandate a dire: “Non so se sia vaccinato o meno e non entro nel merito della sua scelta, però quello che trovo assurdo è che il governo australiano a lui permetta di entrare e partecipare al torneo senza il vaccino. Anche il numero 20 potrebbe fare la stessa cosa? E il numero 30 uguale? Lui, secondo me, dovrebbe dare l’esempio”. La realtà è che nessun tennista ha mai avuto il potere mediatico e anche la capacità di essere al tempo stesso divisivo di Novak Djokovic. Nessuno. La sua incredibile forza sul campo, nonché il carisma che ha sempre dimostrato di fronte alle telecamere, il suo fare da intrattenitore, da mattatore per essere più precisi, non sono però mai bastati ad oscurare le sue contraddizioni, e ciò che lo rende inviso a molti: il narcisismo.

Novak appare tanto cortese e solare nella vittoria, quanto incontrollabile e sovente insopportabile nella sconfitta (quelle rarissime volte che gli capita) o quando è in difficoltà o si sente criticato. In campo sovente si è lasciato andare ad esplosioni di rabbia o gesti ben poco cavallereschi, basta pensare a come lasciò pubblico ed addetti ai lavori attoniti ai quarti del Roland Garros di giugno, vinti a fatica contro Berrettini, tra sputi, calci, grida e via dicendo. Ora questo rivendicare uno status da prima donna, a dispetto di regole che per tutti gli altri umani valgono sempre. Ma lui, il Divo del tennis, evidentemente pensa di no. Il che è solo un’altra contraddizione di una storia, un percorso, in cui ha sempre cercato di essere al centro dell’obiettivo, di essere amato da un pubblico da cui però continua a percepire per molti versi un’ostilità, che lo rende sovente imprevedibile. Ma è un dato di fatto che dentro e fuori dal campo, non a tutti piaccia, non a tutti convinca. Soprattutto, appare costruito, forzato, mai se stesso. Federer e Nadal saranno sempre più amati di Djokovic, questo è ormai pacifico per tutti, tranne evidentemente che a lui, che pure ha battuto entrambi più e più volte.

The Guardian

In un mondo che da due anni è strangolato da una pandemia che non accenna a volersi fermare, e che lui snobbò organizzando il famoso torneo benefico in barba ad ogni misura di sicurezza, questa richiesta di un trattamento di favore è fuori da ogni logica. All’epoca si era infine scusato in modo sibillino Novak, ma non è mai tornato sulle sue posizioni palesemente antivax. Mentre si cominciava a discutere se concedergli o no l’esenzione, il padre aveva giocato già a novembre in anticipo la carta del possibile boicottaggio, per mettere sotto pressione la Federazione Australiana. Aveva parlato pazzamente di un ricatto. “È probabile che non parteciperà. Ognuno ha il diritto di decidere della propria salute. Essere vaccinati o meno è una decisione di ognuno”. Pareva aver funzionato, il segreto di Pulcinella per cui un Australian Open senza il numero 1 non avrebbe avuto alcun seguito, era bastato a creare una sorta di silente assenso, una complessa macchina con cui assicurargli una corsia privilegiata rispetto agli altri. Invece, complice il momento difficile della popolazione australiana, è arrivato lo stop del Premier, la politica che si riprende la scena mandando all’aria la scacchiera.

L’opinione pubblica australiana guarda con ben poca simpatia ai novax. E quando poche ore fa Djokovic ha postato sui social gongolante la notizia dell’esenzione, a Canberra le grida sono salite al cielo, pessimo segnale per un Premier tra l’altro in calo nei sondaggi. Morrison ha quindi reagito, come fa sempre la politica quando si sente messa in pericolo o in dubbio. “Dovrà fornire una spiegazione plausibile se non fosse vaccinato” ha detto poche ora fa il Primo Ministro “e se la documentazione fosse insufficiente, verrebbe trattato come tutti gli altri. Non ci sono regole speciali per lui”. Risulta in effetti alquanto misterioso in che modo un non vaccinato possa essere esentato, né come o perché Novak non possa essere vaccinato come milioni di altre persone, se non per una scelta personale che di fatto lo escluderebbe dal torneo. Di base questo è un momento che segna un totale stravolgimento del suo storytelling, una cesura rispetto a questi due anni in cui la sua incredibile racchetta e la sua popolarità, lo hanno messo al riparo. La domanda è ora se pure gli altri tornei, federazioni ed enti, imiteranno la decisione del governo australiano oppure se faranno finta di niente.

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Sky

Ma è difficile che il problema non si ponga, anche perché i suoi colleghi non si faranno più problemi a far notare il suo sentirsi il Marchese del Grillo della situazione, come lo ha definito il nostro Panatta. Da questo punto di vista, il suo post di stamattina con cui si beava dell’esenzione, è stata sostanzialmente la prova di una mancanza di discrezione, di una vanità e presunzione enormi. La stessa che del resto ha sempre esibito anche in campo, che lo ha portato a ritenersi degno di privilegi fuori tempo massimo. In nessun caso lui può rientrare credibilmente in una categoria di esentati dalla vaccinazione. Nessuno. Lui, che dopo l’assurdo torneo benefico assieme alla moglie Jelena risultò positivo, avrebbe dovuto capirlo già molto tempo fa. Invece evidentemente ha fatto male i suoi conti, si è scordato che più del potere mediatico, economico, più dello status di celebrità o della protezione da parte di sponsor e televisioni, può quel qualcosa di cui oggi tanti parlano male o si dimenticano in questi casi: la vecchia, spietata e ben poco flessibile politica.

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